Usa, la causa collettiva di 500 italiani
FOCUS Salute e diritti *** La storia Dopo più di vent' anni gli emofilici che hanno contratto Hiv e epatite cercano ancora giustizia Gli imputati «Gullone contro Bayer»: è il processo contro 4 aziende farmaceutiche. Sentenza vicina
Gullone contro Bayer. E' la causa internazionale nella quale alcune migliaia di cittadini, italiani e non, agiscono negli Stati Uniti contro quattro big del farmaco. Tremila persone, di cui cinquecento italiani, che hanno contratto epatite C o virus dell' Aids tra il 1978 e il 1990 a causa di prodotti derivati da plasma infetto. Emoderivati infetti.
I tremila sono tutti emofilici: un difetto ereditario impedisce al loro sangue di coagulare ma con l' emoderivato giusto (da prendere per tutta la vita) il difetto si annulla. Ebbene, un giorno qualsiasi di oltre vent' anni fa ognuna di queste persone si è ritrovata «infettata» da mali più gravi di quello che stavano curando. A causa di aziende che, secondo i documenti presentati in giudizio, avrebbero anteposto gli interessi di mercato alla salute dei cittadini. Gullone è una di queste persone, nato nel 1962 con l' emofilia, sieropositivo e con l' epatite C dal 1985. Ventidue anni di calvario, di vita a rischio, di biopsie al fegato per controllare l' evoluzione dell' infezione, di decine di farmaci (quelli per l' Aids sono stati fondamentali per la sua sopravvivenza fino ad oggi) oltre a quel fattore di coagulazione che era, e sarebbe dovuto restare, l' unico suo obbligo farmaceutico. Non solo, alcune di queste persone hanno poi contagiato loro familiari quand' erano ancora ignari di quello che era loro capitato. La storia del sangue infetto da Hiv (Aids), Hvc (epatite C), Hvb (epatite B) ha 20 anni e ancora se ne parla. In Francia finì alla sbarra anche il primo ministro Fabius, poi assolto.
In Italia, il famoso «re Mida» della Sanità Duilio Poggiolini e altre decine tra industriali, funzionari e medici sono ancora sotto accusa: a Napoli ci sono due richieste di rinvio a giudizio, una per omicidio colposo. E un processo è in programma per il 29 febbraio. Negli ultimi sei mesi del 2007 sono morte altre 5 persone contagiate in quegli anni in Italia. In tutto ne sono morte 409 per Aids. E ci sono 924 sieropositivi da Hiv, 2.124 da epatite C, 443 da epatite B. Nel gennaio scorso, una sentenza della Cassazione ha condannato il ministero della Salute a risarcire tutti quei cittadini che hanno contratto malattie da trasfusione di sangue o da emoderivati indipendentemente dalla data del contagio.
Una sentenza che risolve una volta per tutte dal punto di vista civilistico la questione delle persone danneggiate dal sangue infetto. Il primo vero ricorso contro i produttori è invece quello americano. Se Gullone apre la lista dei ricorrenti, la Bayer è la prima della lista degli accusati: con essa Baxter, Aventis Behring, Armour. La causa, cominciata formalmente nel 2003, ma solo ora, dopo una serie di rinvii e di cavilli tecnici, entrata nel vivo, segna una nuova era per questo tipo di azioni legali da parte degli emofilici che sono italiani, inglesi e tedeschi, con contagi da virus Hiv e Hcv (il 98% dei ricorrenti si è infettato con entrambi i virus) a seguito dell' assunzione di prodotti emoderivati. A loro si sono aggiunti successivamente anche malati argentini, israeliani e statunitensi. I 500 emofilici italiani sono rappresentati dallo studio legale Ambrosio e Commodo di Torino. Non si tratta di una class action perché il tribunale di Chicago ha negato questa forma giuridica, ma di un' azione collettiva che sta avviandosi verso la sentenza. Le accuse si basano su una mole sconfinata di documenti: 11.949.219 pagine che riempiono interi corridoi. E' stato calcolato che per tradurle tutte si spenderebbero circa 286 milioni di dollari e oltre 21 anni se 100 traduttori vi lavorassero simultaneamente (ci vorrebbero 7.966 giorni).
Dice l' avvocato Stefano Bertone, che difende gli italiani: «In sostanza le industrie farmaceutiche sapevano che il plasma che utilizzavano per produrre i farmaci salvavita per gli emofilici era ad altissimo rischio. Lo sapevano perché andavano a ricercarlo nei luoghi più a buon mercato: lungo il confine con il Messico o nelle carceri di massima sicurezza». Vi sono, secondo i pazienti e i loro legali, documenti che provano tutto ciò. Ad esempio quando esplose la questione Aids le aziende produttrici di emoderivati avrebbero ritardato il ritiro dei vecchi stock che ancora trasmettevano, o potevano trasmettere, il virus dell' Hiv. «Abbiamo le prove. Sono depositate», dice Bertone. E si riferisce a un telex inviato dalla Cutter del gruppo Bayer alla sua filiale di Siena nel 1984 nel quale si spiega perché non viene introdotto anche in Italia il prodotto trattato al calore e quindi più sicuro.
Il motivo, secondo i documenti e le testimonianze: con l' introduzione del nuovo prodotto sarebbero stati costretti a cessare le vendite di quello non trattato e a rischio Aids. In Italia le infezioni da Hiv tramite plasmaderivati commerciali si sono arrestate nei primi mesi del 1986. Quelle da Hcv nel 1988-1989. Fino ad allora nel nostro Paese l' epidemia ha contagiato migliaia di persone. Centinaia i morti tra gli emofilici. E' accertato che il problema principale era proprio nei donatori a pagamento diffusi negli Stati Uniti e in Nord Europa. Il donatore abituale italiano è volontario, selezionato e sicuro. Dati alla mano: nel centro emofilia di Castelfranco Veneto, il maggiore in Italia negli anni ' 80 e ' 90, i malati trattati esclusivamente con prodotti derivati da donatori italiani non contrassero mai l' Hiv, mentre chi fu sottoposto all' infusione di derivati commerciali sviluppò l' Aids nel 48% dei casi.
I prodotti di queste industrie sono stati venduti in tutto il mondo. Per questo motivo, non solo negli Usa hanno accettato di pagare una mega transazione da circa 1.200 miliardi di vecchie lire con gli emofilici statunitensi contagiati dall' Hiv (100.000 dollari a testa), ma lo stesso hanno fatto in Giappone, e lì hanno pagato circa 235.000 dollari a ciascuna vittima, o famiglia di vittime. Esclusi però i casi americani di infezione da epatite C. Questi sono nella causa Gullone vs Bayer. Le quattro grandi multinazionali, fino a che non è intervenuta la causa Gullone, in Italia non avevano risarcito nessuno. Né avevano fatto proposte. Ma una volta portate in giudizio, una di loro (Baxter) decide di pagare circa 40.000 euro a ciascuno degli 800 e più emofilici italiani che hanno contratto l' Hiv. Ufficialmente si tratta di un Fondo di solidarietà . «Ma - dice l' avvocato Bertone - chiedono ai malati di firmare una rinuncia a qualunque azione giudiziaria, compresa la causa Gullone contro Bayer».
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