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La lettera di una mamma... PDF Stampa E-mail
«Le persone devono venire prima delle strutture»

Scrivo a proposito del possibile accorpamento del Centro per la cura delle malattie del sangue, situato presso il reparto di Ematologia, con il reparto di Medicina. Sono la mamma di un ragazzo emofilico e parlo a nome di altre mamme, mogli e famigliari di persone emofiliche.

Premetto che il Centro assiste circa 600 emofilici che vengono da ogni parte d'Italia e anche dall'estero.
Vorrei spiegare e cercare di fare capire quanto ha contribuito positivamente il vivere le degenze in questo tipo di reparto così diverso ed organizzato, con la scuola per i bambini (sia elementari, che medie); la palestra, dove si svolgono gli esercizi di recupero con attrezzi e l'aiuto del Fisioterapista, molto importante dopo le varie operazioni alle quali sono soggetti gli emofilici; le camere, fornite ciascuna di televisore per rendere meno gravosa l'immobilità a letto, che può durare da un minimo di 20 giorni a vari mesi; un telefono in ogni stanza che permette di ricevere telefonate dai famigliari.
Alcune stanze (nel lato opposto del reparto) sono a disposizione di chi fa assistenza.

La permanenza di madri o padri e mogli accanto ai ricoverati e' sempre stata importane sia a livello psicologico, che come aiuto per il personale medico e infermieristico.

Esempi pratici sono: aiutare il degente a lavarsi, lavare e stirare la biancheria, acquistare ciò che serve per lunghe degenze; per questo, è stato fornito uno spazio dove c'è una lavatrice, un'asse da stiro con ferro, un lavateste, un phon; cose necessarie per permettere una vita dignitosa e nell'igiene, molto importante per evitare infezioni.

Tutto il materiale è stato fornito dalla Lagev e da donazioni per gli emofilici e poi utilizzato anche da chi assiste degenti con altre tipi di malattie del sangue.

Questo reparto è centro di riferimento per la qualità delle cure e per l'organizzazione presente in esso, non da ultima la comodità di poter uscire un po' all'aperto (per i degenti non più costretti a letto), per respirare una boccata d'aria e prendere un po' di sole, in modo agevole, veloce ed indipendente essendo il reparto posto al piano terra.

Ricordiamo quanto è importante per i lungodegenti la luce, il sole, l'aria aperta, per non cadere troppo in depressione nel vedersi chiusi per tanto tempo in una stanza che, per quanto grande, spaziosa e luminosa, dà pur sempre un senso di oppressione.

La mia è una delle tante testimonianze di chi ha assistito un proprio famigliare in questo reparto per lungo tempo.

Chiedo, a chi deciderà di accorparlo ad un altro reparto di non distruggere ciò che fino ad ora ha aiutato (ammalati e famigliari) a convivere meglio con questa malattia; è vero che occorre attuare dei tagli alle spese e ridurre la dispersione delle risorse, ma si deve anche tenere presente che le strutture sono al servizio delle persone, e non le persone che devono adeguarsi alle strutture, ancora di più in questo caso: questo reparto è funzionale, attrezzato, aiuta a vivere meglio la patologia di cui si è affetti, è giusto buttare via tutto questo?

Chi ne ha l'autorità , può assicurarci che spostando il reparto, troveremo tutto ciò che vi è ora, compreso le varie zone da me sopra enunciate?

Quanti di voi hanno passato dei mesi in ospedale?

E' facile parlare di dialogo con gli altri reparti, è meno facile vivere giorni, anni accanto al proprio figlio che soffre, vedersi impotenti, davanti al dolore, e quello che più conta in quei momenti è sentirsi come a casa propria, una seconda casa dove si è certi di poter contare su medici ed infermieri che conoscono bene questa malattia; questo Centro è rinomato e non avrebbe tanti assistiti se non fosse com'è, non buttiamo via tutto, anzi andrebbe difeso perchè dà prestigio all'ospedale e a Castelfranco.

Articolo tratto da IL GAZZETTINO DI TREVISO n.42 di Mercoledì, 20 Febbraio 2002
 

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